Progetto I CAN per la lotta contro la ‘ndrangheta

1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CANIn corso a Roma alla Scuola di perfezionamento delle Forze di Polizia, la 1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CAN che ha come obiettivo la lotta globale alla criminalità organizzata di matrice calabrese (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta). Le forze di polizia di 14 Paesi di tutto il mondo, sotto l’egida di Interpol, riunite per definire insieme la strategia di contrasto alla ‘ndrangheta.

Nato nel 2020, su iniziativa del Dipartimento della pubblica sicurezza, il Progetto I-CAN si sviluppa attraverso lo scambio di informazioni e di esperienze, partendo dal modello investigativo italiano che per primo ha dovuto fronteggiare la ‘ndrangheta, e in poco più di due anni ha creato un network che ha consentito la cattura di 36 pericolosi latitanti in tutto il mondo. Oltre ad aver favorito il riconoscimento di quegli indicatori utili alle forze di polizia per intercettare l’infiltrazione dell’organizzazione mafiosa negli asset economici e finanziari dei vari Paesi.

la 1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CAN“La ‘ndrangheta si è fatta holding criminale: non attacca più frontalmente lo Stato, è una mafia silente e pervasiva che inquina le economie legali, intossicandole con la corruzione e il riciclaggio. Il tempo che viviamo richiede la massima resilienza delle forze di polizia, che si devono adattare rapidamente agli scenari criminali che mutano rapidamente per massimizzare i profitti, approfittando del progresso tecnologico, dalle criptovalute fino al metaverso” le parole del vice capo della Polizia Vittorio Rizzi, promotore del progetto.

Presenti all’incontro oltre all’Italia, l’Argentina, l’Australia, l’Austria, il Belgio, il Brasile, il Canada, la Colombia, la Francia, la Germania, la Spagna, la Svizzera, gli Stati Uniti, l’Uruguay.

Immigrazione clandestina: 12 arresti a Caltanissetta

Poliziotti della Squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Niscemi hanno arrestato 12 persone per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono ancora in corso le ricerche di altri 6 appartenenti all’organizzazione.

Gli arrestati avevano vari punti strategici dislocati in più centri siciliani e impiegavano piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, per trasportare dalle coste tunisine a quella siciliana dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita.

Il prezzo pro-capite, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3mila e i 5mila euro con un guadagno per l’associazione tra i 30mila e i 70mila euro per ogni singolo viaggio.

Il denaro, raccolto in Tunisia, veniva inviato in Italia, a Scicli, in provincia di Ragusa, attraverso agenzie internazionali specializzate in servizi per il trasferimento di denaro, per essere successivamente versato su carte prepagate intestate agli arrestati. Parte della somma sarebbe poi stata reinvestita per aumentare i profitti dell’associazione, nell’acquisto di nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.

Le indagini sono iniziate nel 2019 quando, all’imbocco del porto di Gela, si è incagliata una barca in vetroresina, di 10 metri con due motori da 200 cavalli. Il natante, segnalato da un pescatore del luogo, risultava rubato e utilizzato per far sbarcare decine di persone dalla Tunisia.

Sono stati decine i viaggi organizzati dagli arrestati accertati. Nel 2020 un’imbarcazione, partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine, ha subito l’avaria di entrambi i motori che non gli ha permesso la conclusione del viaggio; rimanendo quindi alla deriva in “mare aperto”, da qui il nome dell’operazione alla quale questa mattina hanno partecipato anche poliziotti del Reparto prevenzione crimine, del Reparto volo e dei Cinofili di Palermo.