Cagliari: traffico internazionale di esseri umani con veliero, 2 arresti

Avevano trasportato migranti dalla Tunisia in Italia con un veliero di 17 metri battente bandiera olandese.

Due uomini, un tunisino di 62 anni e un tedesco di 26, sono stati arrestati dalla Squadra mobile di Cagliari in un’operazione effettuata insieme alla Guardia costiera con abbordaggio effettuato in mare, a circa 2 miglia a largo della spiaggia di Piscinni, Cagliari.

I due uomini erano destinatari di due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip di Cagliari per associazione per delinquere transnazionale finalizzata al traffico internazionale di migranti.

Secondo le indagini della Squadra mobile, i due erano i capi dell’organizzazione criminale e l’arresto si è reso necessario in quanto era imminente un trasporto sul territorio nazionale di alcuni migranti di origine maghrebina definiti “uomini di potere” e “bombe per l’Europa”. Tenuto conto della gravità del progetto, la Direzione distrettuale antimafia di Cagliari ha dato ordine di eseguire le misure cautelari non appena il veliero avesse di nuovo raggiunto le coste italiane.

Per la localizzazione e l’abbordaggio del veliero è stato fondamentale l’impiego di mezzi aerei e navali della Guardia costiera che dopo diverse missioni di ricerca protratte per giorni, ha individuato l’imbarcazione a 50 miglia a sud della Sardegna; la barca era monitorata anche da una microspia Gps/Gsm installata dalla Squadra mobile. L’abbordaggio è scattato quando due motovedette della Guardia costiera, con a bordo anche gli investigatori, hanno intimato all’equipaggio di fermare la barca. Tutta l’area era sorvegliata da un elicottero e da un aereo della Guardia Costiera.

Le indagini iniziarono il 30 agosto 2020 dopo lo sbarco a Capo Malfatano, in provincia di Cagliari, di 5 tunisini e due tibetani. I migranti furono avvistati da alcuni bagnanti mentre scendevano a terra dal tender partito dal veliero e dal gestore di un chiosco sulla spiaggia che chiamò immediatamente le Forze dell’ordine.

La ricostruzione di quello sbarco ha permesso alla Squadra mobile di avviare una complessa indagine e di attivare numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali con le quali sono venuti a conoscenza dell’esistenza dell’organizzazione criminale che ha ramificazioni internazionali in grado di trasportare in Italia decine di stranieri provenienti dal nord Africa e dai Paesi asiatici (Tunisia, Algeria, India, Cina, Taiwan, Vietnam).

L’organizzazione si faceva pagare dai 3 ai 6mila euro a persona, per il viaggio in Italia con il veliero e il successivo trasporto in auto verso altri Paesi dell’unione europea e quando serviva era in grado di fornire anche dei documenti falsi.
I migranti venivano prelevati dalla Grecia o dalle coste della Tunisia e dell’Algeria, “da dove si poteva partire senza subire controlli”, come gli stessi indagati affermano nelle intercettazioni.

Il veliero era gestito dal cittadino tunisino che risulta essere era anche l’armatore, mentre il cittadino tedesco svolgeva le mansioni di “manager di bordo”, come lui stesso si definiva con i migranti, e organizzava gli sbarchi.

Durante la perquisizione dell’imbarcazione i poliziotti hanno trovato un foglio, appeso in diverse parti della barca, nel quale si davano istruzioni in inglese ai clandestini, per “facilitare” la convivenza a bordo durante le lunghe traversate sino alla Sardegna o alla Sicilia.
Ai migranti veniva dato ordine di: “non parlare mai con il Capitano”, “non entrare nella stanza del Capitano e nel bagno dell’equipaggio”, “non fare nessuna foto”, “non gettare in mare la spazzatura”, “non salire mai in coperta durante le ore del giorno”, “non prendere cibo se non autorizzati ma solo acqua”, “pulire ciò che viene sporcato”, “non fumare nelle cabine”. Il veliero è stato sequestrato e condotto nel porto di Cagliari.

All’operazione hanno partecipato anche la Digos di Cagliari e il commissariato di Iglesias.

Olivia Petillo

Riunito a Palermo il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica

Comitato nazionale ordine e sicurezza pubblica PalermoIl consueto appuntamento di Ferragosto per il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica  quest’anno si è svolto a Palermo all’interno della Prefettura.

Al Comitato, presieduto dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, ha preso parte anche il capo della Polizia Lamberto Giannini.

La riunione è stata preceduta da un collegamento in videoconferenza con la Sala Situazione Italia-dipartimento della Protezione Civile-Presidenza del Consiglio dei Ministri e le sale operative della questura di Palermo, del Comando provinciale dei Carabinieri di Palermo, del Comando provinciale della Guardia di finanza di Palermo, del comando provinciale dei Vigili del fuoco; ci sono stati inoltre collegamenti con la sala operativa dell’Esercito italiano-6° Raggruppamento Sicilia Occidentale-Operazione-Strade Sicure, con la Capitaneria di porto di Palermo, con la comando della Polizia municipale di Palermo e con la Casa circondariale “Pagliarelli Antonio Lorusso”.

Ministro dell'Interno Luciana LamorgeseInsieme al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, durante il collegamento, oltre al capo della Polizia Lamberto Giannini, erano presenti il sottosegretario di Stato Nicola Molteni, il capo di Stato Maggiore della difesa Enzo Vecciarelli, il prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, il capo di Gabinetto prefetto Bruno Frattasi, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Teo Luzi, il comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, il capo del Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria, Bernardo Petralia, il capo del Dipartimento della protezione civile, Fabrizio Curcio, il capo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, prefetto Laura Lega, il capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Guido Parisi  e il comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, Nicola Carlone.

Dopo la videoconferenza il Ministro e le autorità presenti si sono spostati nella Sala Carlo Alberto Dalla Chiesa dove si è svolto il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Al termine del vertice il Ministro ha incontrato i giornalisti per illustrare i dati sull’ultimo anno di attività del ministero dell’Interno.

Furti in casa: presa a Milano la banda della “chiave bulgara”

La tecnica della “chiave Bulgara” era quella utilizzata da una banda di ladri specializzata in furti in casa a Milano. Quattro persone sono state arrestate dalla Squadra mobile di Milano perché ritenute responsabili di 5 furti avvenuti tra il 7 luglio e il 7 agosto scorsi.
L’indagine ha preso il via dopo un tentativo di furto avvenuto in un quartiere milanese in cui 4 uomini, intenti a mettere nastro adesivo sullo spioncino delle porte, furono disturbati dall’arrivo di un condomino che li aveva fatti fuggire.

Attraverso le analisi delle videocamere di sorveglianza e del traffico telefonico della zona, gli investigatori in breve tempo riuscirono a identificare i ladri,  4 cittadini georgiani e le auto utilizzate per gli spostamenti.
Dalle conversazioni telefoniche intercettate e dagli spostamenti degli indagati si è evidenziato come la banda utilizzasse un modus operandi ben collaudato dimostrando una professionalità singolare nell’apertura delle porte d’ingresso con l’utilizzo di chiavi alterate e grimaldelli.

Secondo quanto ricostruito dagli agenti, i ladri effettuavano dei sopralluoghi mirati sui luoghi dei furti, per poi accedere all’interno degli stabili dividendosi i compiti e i ruoli: chi apriva le porte e chi fungeva da palo, sulle scale e all’esterno del palazzo. Una volta scelto con attenzione l’appartamento da svaligiare, i ladri lo marchiavano con dei segni distintivi per essere certi che non vi fosse nessuno all’interno.

La tecnica era quella d’inserire pezzetti di carta o fili di colla trasparenti tra lo stipite e la porta per accertare l’eventuale passaggio di persone.
Nel corso della perquisizione all’interno dell’appartamento in uso ai criminali gli agenti hanno trovato numerose chiavi alterate, grimaldelli, trapani elettrici, smerigliatrici, strumenti da taglio di precisione, alcuni monili in oro, orologi e computer rubati nei loro colpi.

Gli indagati avevano la disponibilità di kit di addestramento: serrature e blocchetti dove esercitarsi all’apertura di porte di qualsiasi tipo.
Nel corso dell’indagine gli investigatori hanno identificato anche il ricettatore della banda.

Olivia Petillo

Due operazioni antitruffa ad Orvieto

OrvietoSono stati identificati tutti i truffatori che alcuni mesi fa avevano raggirato una donna di Orvieto sottraendole circa 9 mila euro attraverso il sistema dello smishing. Già all’inizio di agosto i poliziotti di Orvieto, a cui la donna si era rivolta dopo essersi resa conto della truffa subita, erano riusciti a identificare e denunciare uno degli autori del raggiro, un 20enne che insieme ai suoi tre complici aveva “ripulito” il conto corrente postale della signora.

Le successive indagini del commissariato di Orvieto, con il coordinamento della procura di Terni e la collaborazione della società Poste Italiane, hanno permesso agli investigatori di ricostruire l’intera vicenda e identificare gli altri due uomini e una donna, con precedenti penali per truffa, complici del giovane.

La signora, qualche tempo prima, si era vista recapitare sulla propria utenza telefonica un sms, apparentemente inviato da Poste Italiane, nel quale le si chiedeva di cliccare su un link per aggiornare lo stato della sicurezza della sua carta di credito; lei aveva seguito le indicazioni senza però riuscire ad aprire il link. Successivamente aveva ricevuto una telefonata con cui una falsa operatrice di Poste Italiane le aveva chiesto i codici di sicurezza della sua carta per eseguire gli aggiornamenti richiesti.

Immediatamente erano stati eseguiti tre bonifici per un totale di quasi 9mila euro, ovvero l’intera somma di cui la donna disponeva in quel momento sul proprio conto.

Sempre i poliziotti di Orvieto sono riusciti a smascherare un’altra truffa ai danni di una signora di un paese vicino che tempo prima aveva conosciuto per telefono un uomo della provincia di Bari, presentatole da una conoscente. L’uomo aveva mostrato un interesse sentimentale ne suoi confronti, tanto da farla cadere nella sua trappola. In poco tempo il truffatore l’aveva convinta ad inviargli 700 euro come anticipo di un’autovettura che poi lo stesso avrebbe continuato a pagare con l’intento di regalargliela.

Appena incassato il bonifico, l’uomo non aveva più risposto al telefono ed alla donna non era rimasto altro che rivolgersi alla Polizia.
Le immediate indagini hanno permesso di risalire all’uomo, con numerosi precedenti penali per truffa, e di restituire i 700 euro alla vittima.

Vercelli: spaccio in riva al fiume, 6 arresti

Non potendosi muovere liberamente nei centri cittadini della provincia di Vercelli, un gruppo di pusher aveva allestito una piazza di spaccio in una zona boschiva vicino al fiume Sesia.

La Squadra mobile vercellese ha iniziato le indagini nel maggio scorso segnalando almeno trenta tossicodipendenti e riuscendo a stimare un giro di affari che arrivava sino a 15mila euro al giorno.

Lungo il Sesia si spacciava ogni tipo di droga (eroina, cocaina e hashish), dalle 10 di mattina sino a notte fonda.

Oltre ad assicurare la possibilità di collocare “vedette” per individuare la presenza delle Forze dell’ordine, la zona scelta dagli spacciatori era anche funzionale all’occultamento dello stupefaente e soprattutto facilmente raggiungibile da tossicodipendenti provenienti dalle provincie di Vercelli, Novara, Biella e Verbania.

Lo spaccio era talmente lucroso che ad un certo punto c’è stato una sorta di passaggio del testimone tra vecchi e nuovi spacciatori: alcuni sono spariti dalla circolazione, cedendo la zona di spaccio ad altri, ma lasciando a questi ultimi i telefoni cellulari, punto di riferimento per i clienti.

I poliziotti hanno però identificato entrambi i gruppi, arrestando alla fine 6 persone, tutte con precedenti penali.

Particolarmente difficoltoso l’arresto di due del gruppo: residenti a Milano, gli spacciatori facevano la spola con Vercelli; ottenuto l’ordine di carcerazione i poliziotti li hanno seguiti in autostrada bloccandoli poi al casello autostradale di Milano-Ghisolfa.

Qui i due pusher, vistisi in trappola, hanno tentato la fuga danneggiando due auto di servizio e tre auto di cittadini in fila al casello; alla fine però gli investigatori sono riusciti a bloccarli e ad arrestarli.