Operazione a Ferrara contro la criminalità

Controlli straordinari della questura di Ferrara rivolti al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti, della prostituzione e contro la presenza di cittadini irregolari sul territorio nazionale. È stata eseguita questa mattina una vasta operazione in collaborazione con la polizia municipale.
Sono stati impiegati circa 200 agenti tra quelli della Squadra mobile, Unità cinofile, Reparto prevenzione crimine, gabinetto provinciale di Polizia scientifica, Ufficio immigrazione, Reparto Mobile e l’equipaggio del Reparto volo di Venezia.

L’operazione ha riguardato il quartiere Gad della città e gli agenti hanno concluso 15 perquisizioni e oltre 100 controlli nelle abitazioni, per verificare l’identità degli occupanti.

Nell’ambito di un’attività di contrasto alla criminalità nella zona, attività che dura da oltre tre mesi insieme alla Polizia municipale, si è proceduto all’operazione di oggi con la finalità di ripristinare nel quartiere un sistema di legalità che garantisca sicurezza agli abitanti della zona.

Nel corso dell’operazione oltre alle perquisizioni già previste e delegate dal magistrato, gli agenti hanno eseguito un fermo di polizia giudiziaria nei confronti di un cittadino nigeriano di 32 anni, l’arresto in esecuzione di un ordine di carcerazione di un 28 enne di nazionalità pakistana e il sequestro di 100 grammi di droga.

Olivia Petillo

‘Ndrangheta: arrestati 21 appartenenti alle cosche De Stefano-Tegano e Libri

Con l’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere si è conclusa questa mattina l’indagine “Malefix”, condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria insieme al Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. L’attività investigativa, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha portato dietro le sbarre diversi capi storici, elementi di vertice ed appartenenti di spicco delle cosche di ’Ndrangheta De Stefano-Tegano e Libri, attive nella città calabrese.

Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa.

Gli arresti sono stati eseguiti dagli agenti della Mobile reggina in collaborazione con circa 200 operatori del Reparto prevenzione crimine della Calabria e delle Squadre mobili di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino, Roma.

Eseguite anche numerose perquisizioni e il sequestro preventivo di un’azienda, con sede a Roma, attiva nel settore edile.

Le indagini documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche De Stefano-Tegano e Libri, dominanti a Reggio Calabria, e forniscono una finestra sui contrasti registrati all’interno del primo gruppo e tra questo ed il secondo gruppo, in merito alla spartizione dei guadagni delle estorsioni.

Le dinamiche inerenti i contrasti interni alle cosche sono emersi chiaramente da due vertici di ’Ndrangheta svoltisi a Napoli nell’agosto del 2019, accuratamente monitorati dagli investigatori della Polizia.

Sergio Foffo

Taranto: operazione “Beni stabili” contro spaccio e gioco illegale

Sono accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e all’esercizio abusivo dell’attività di gioco e scommesse le 15 persone, appartenenti a tre gruppi criminali, arrestate questa mattina dagli agenti della Squadra mobile di Taranto.

L’indagine della Mobile, denominata “Beni stabili” e diretta dalla Divisione distrettuale antimafia presso il tribunale di Lecce, ha preso il via a fine 2017 quando, durante un controllo, fu fermato un gruppo di minorenni, molti dei quali trovati in possesso di hashish.
Indagando sul gruppo, gli investigatori riuscirono ad individuare i loro pusher, i quali, sebbene giovanissimi, erano in grado di smerciare un notevole quantitativo di dosi, sfruttando proprio la fascia più giovane della clientela.

In particolare gli spacciatori vendevano lo stupefacente a studenti delle scuole superiori, in prossimità degli istituti scolastici, negli orari di entrata e uscita.

Ma i giovani pusher erano solo un anello della catena, e gli agenti della Mobile hanno continuato a monitorarli per individuare la loro fonte di approvvigionamento, arrivando ad alcuni edifici di via Plinio.

Le abitazioni si trovavano all’interno del complesso edilizio “Beni stabili”, già assurto agli onori della cronaca per essere diventato una sorta di bunker impenetrabile, sicuro punto di riferimento per tutti i tossicodipendenti della città.

Il complesso edilizio era diventato la base logistica di un gruppo criminale governato da alcuni nuclei familiari che comandavano una fitta rete di spacciatori, i quali avevano il compito di presidiare la zona e le altre piazze di spaccio da loro controllate in tutto il territorio cittadino; alcuni di loro trasportavano le sostanze stupefacenti mentre altri consegnavano la droga ai clienti che si presentavano a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Tutto era minuziosamente registrato su un libro mastro sequestrato a casa di uno degli arrestati: nomi dei pusher, quantità di denaro e di sostanze stupefacenti.

Per affermare la propria supremazia il gruppo criminale non disdegnava l’uso della forza, e per fare questo utilizzava numerose armi clandestine, sequestrate insieme alle relative munizioni; metodi analoghi erano utilizzati per esigere il pagamento dei debiti contratti per l’acquisto della droga.

Nel corso dell’indagine gli investigatori hanno individuato diversi collegamenti con un’altra associazione criminale attiva nel territorio di Martina Franca, un comune in provincia di Taranto, anch’essa specializzata nel traffico di droga.

Punto d’incontro degli appartenenti a questo gruppo era un circolo ricreativo della città, all’interno del quale i poliziotti hanno accertato l’esistenza di un’ulteriore banda di criminali che esercitava abusivamente l’attività di gioco e scommesse tramite l’utilizzo di terminali collegati a piattaforme illegali per il gioco online non autorizzate dell’Amministrazione per i monopoli.

Sergio Foffo
 

Riunione dell’Uiss sugli effetti del lockdown sulle scommesse sportive

riunione uissL’analisi degli effetti del lockdown, legato all’emergenza Covid-19, sul settore delle scommesse sportive, a livello nazionale e internazionale, è stata al centro della riunione dell’Unità informativa scommesse sportive (Uiss), che si è svolta oggi a Roma, in videoconferenza, presso la Direzione centrale della polizia criminale.

L’organismo, presieduto dal direttore centrale della Polizia criminale Vittorio Rizzi, ha il compito di prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dello sport e delle scommesse sportive.

All’incontro hanno partecipato rappresentanti della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) e della Federazione italiana giuoco calcio (Figc).

Nel suo intervento il vice direttore dell’Uiss, Stefano Delfini, che è anche direttore del Servizio analisi criminale, ha sottolineato l’importanza strategica della sinergia tra “law enforcement” e mondo dello sport, anche attraverso la condivisione di buone prassi e di iniziative finalizzate a sviluppare percorsi di “Integrity” per dirigenti, giocatori, tecnici del settore ai fini della prevenzione e del contrasto del fenomeno della corruzione nelle competizioni sportive.

Delfini ha poi evidenziato come nel corso dell’ultima stagione sportiva più del 50 per cento degli eventi rispetto ai quali sono pervenute segnalazioni di scommesse anomale sia stato relativo ad incontri disputati all’estero.

Il meeting è stato anche l’occasione per avviare progetti volti ad arricchire l’approccio internazionale al fenomeno nell’ambito di organismi di cooperazione delle Forze di polizia, quali Europol ed Interpol.

Trapani: colpo alle cosche con l’operazione “Ermes 3”

C’è uno scambio di “pizzini” con cui si decidevano le estorsioni, dietro l’operazione di oggi della Squadra mobile di Trapani che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due persone, indagate per associazione di tipo mafioso ed estorsione e legate al latitante Matteo Messina Denaro

Gli agenti hanno anche eseguito perquisizioni a Marsala, Mazara del Vallo e Castelvetrano nei confronti di 15 indagati per associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi e il favoreggiamento della latitanza del boss mafioso.
Anche l’abitazione dove anagraficamente risiede il boss di Castelvetrano è stata perquisita.

L’operazione, delegata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, è stata eseguita con l’ausilio di 90 uomini appartenenti ai Reparti prevenzione crimine di Palermo e di Reggio Calabria, alle squadre cinofile e al del Reparto volo di Palermo.

L’indagine, chiamata “Ermes fase 3”, ha fatto luce sull’attività degli indagati legati ai mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Castelvetrano, che si sono adoperati, nel tempo, per garantire gli interessi economici, il controllo del territorio, le attività produttive e la comunicazione con il latitante.

Con i “pizzini” si decideva anche la compravendita di fondi agricoli e l’esecuzione di lavori pubblici.

L’indagine ha dimostrato anche l’intestazione fittizia di beni riconducibili agli indagati e l’intervento dell’organizzazione mafiosa per risolvere situazioni di debito o di credito tra persone vicine alle “famiglie”.

Le decisioni in merito ad alcune estorsioni venivano prese su indicazione diretta del latitante.

Uno dei due arrestati di oggi interveniva nella risoluzione dei conflitti interni alla cosca mafiosa, partecipava ad incontri e riunioni riservate con altri membri dell’organizzazione e manteneva i contatti con esponenti di vertice dell’Associazione.

Anche l’altro uomo conduceva una condotta criminale finalizzata a favorire l’Organizzazione. Partecipava a riunioni e incontri con altri membri e favoriva lo scambio di informazioni, anche operative, con i vertici delle famiglie mafiose della provincia di Trapani e di altre province siciliane. Era conosciuto come importante imprenditore nel settore dei carburanti ed era forte della sua appartenenza a “Cosa Nostra”.

Attraverso le minacce e le azioni violente, e un costante scambio d’informazioni fra i vertici delle varie famiglie della provincia, l’organizzazione esercitava il controllo delle attività economico-imprenditoriali del territorio.

Sono state dimostrate estorsioni su un agricoltore di Marsala costretto a cedere a un membro dell’associazione un appezzamento di terreno di sua proprietà; sono stati anche documentati contrasti fra uno degli indagati e alcuni imprenditori agricoli e allevatori della zona e di come i mafiosi cercassero una “soluzione”.

L’intervento di “Cosa Nostra” era essenziale anche per risolvere dissidi per l’utilizzo di alcuni fondi agricoli e per il pascolo nelle campagne di Castelvetrano.

Olivia Petillo