Roma: presentato il progetto “In Rete con i ragazzi”

Polizia di Stato, Società italiana di pediatria, Anci, Google e UniCredit hanno dato il via a un progetto per favorire un uso positivo del Web, realizzando la guida “In rete con i ragazzi”, associata ad una formazione itinerante rivolta a insegnanti, pediatri e genitori.

I contenuti dell’iniziativa e i risultati di un’indagine condotta da Skuola.net su 10 mila ragazzi, sono stati illustrati, questa mattina a Roma, durante il convegno “In rete con i ragazzi, guida all’educazione digitale”. All’iniziativa ha preso parte il capo della Polizia Franco Gabrielli.

All’evento, moderato dalla giornalista del Tg1 Emma D’Aquino, hanno partecipato il presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani, il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, il direttore della Polizia postale e delle comunicazioni Nunzia Ciardi, Giorgia Abeltino di Google e Maurizio Beretta presidente di Unicredit Foundation.

Il capo della Polizia Franco Gabrielli nel suo intervento ha sottolineato che “Una parola magica è responsabilità. Quando si usa la rete bisogna essere responsabili. La rete oggi ha introdotto un elemento devastante negli episodi di bullismo. Si vive in un villaggio globale dove è difficile limitare le conseguenze di quello che si scrive o dice”.

Il prefetto Gabrielli rivolgendosi poi ai ragazzi in merito all’uso delle Apps, li ha invitati a scaricare “YouPol” ricordando che “È stata immaginata e pensata per voi, perché si rivolge ai temi del bullismo e dello spaccio di sostanze stupefacenti. Ha due modalità, una anonima e una in cui ci si registra in modo da poter mandare video, foto e segnalare situazioni di pericolo.

“È un’App che ci sta dando grosse soddisfazioni – ha proseguito il Prefetto – perché abbiamo fatto già diverse operazioni antidroga e siamo intervenuti in alcune situazioni di bullismo. In questo tipo di questioni un ruolo fondamentale c’è l’hanno soprattutto i ragazzi e le ragazze non coinvolti, perché quelli che stanno dentro al problema non hanno la forza per rendersi conto della situazione che stanno vivendo”.

incontro con gli studentiI risultati dell’indagine ci consegnano dei dati che devono far riflettere, soprattutto per i disturbi che i ragazzi, con età compresa tra i 9 e i 18 anni, hanno lamentato a causa dell’uso prolungato di dispositivi elettronici.

I fastidi maggiormente accusati sono la mancanza di concentrazione, bruciore agli occhi, dolori a collo e schiena, difficoltà a prendere sonno. Sono malesseri nuovi che la generazione dei loro padri non conosceva, legati alle tante ore passate davanti agli schermi, soprattutto degli smartphone.

Ma se da un lato esistono i rischi, sono tante anche le opportunità legate alle nuove tecnologie digitali: sviluppare le abilità di ricerca, potenziare il senso di competenza e autoefficacia, favorire la socializzazione entrando in contatto con interlocutori di tutto il mondo.

E proprio per favorire un utilizzo positivo dei dispositivi elettronici, che nasce “In rete con i ragazzi, una guida all’educazione digitale”. 

firma protocolloIl progetto è frutto di un protocollo di intesa tra Polizia di Stato e Società italiana di pediatria, firmato prima dell’evento dal capo della Polizia Franco Gabrielli e dal presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani, ai quali hanno aderito con entusiasmo gli altri partner coinvolti.

L’obiettivo è supportare insegnanti, genitori, pediatri nel guidare i nativi digitali a un rapporto equilibrato con la Rete, prevenendo le possibili conseguenze negative sulla salute psicofisica e relazionale, contrastando il fenomeno del cyberbullismo e di ogni forma di abuso sul minore.

A tale scopo è stata realizzata una guida di facile consultazione, rivolta a genitori, insegnanti e pediatri che affronta i diversi aspetti utili a favorire una navigazione sicura. Uno strumento rapido e agevole per chi ogni giorno si confronta con i ragazzi, spesso tecnicamente più competenti in ambito digitale rispetto agli adulti, ma non per questo pienamente consapevoli dei possibili rischi di un uso sbagliato della Rete. Oltre alla guida sono state previste anche delle giornate dedicate alla “formazione”. 

Polizia di Stato e Autostrade per l’Italia lanciano la campagna “Sei sicuro?”

Alcol, droga, uso del cellulare, cinture e seggiolini, sono i principali fattori di rischio legati agli incidenti stradali, che ogni anno provocano migliaia di vittime. Nel 2018 in Italia si sono verificati 172.553 incidenti stradali con lesioni a persone, con 3.334 vittime e 242.919 feriti.

Parte oggi “Sei sicuro?”, la campagna di comunicazione ideata da Autostrade per l’Italia e Polizia di Stato, che uniscono le loro forze per sensibilizzare gli automobilisti a guidare con attenzione e prudenza, evitando comportamenti alla guida che potrebbero essere pericolosi per sé e per gli altri.

Il mezzo scelto per arrivare alle persone è l’ironia, che è il filo conduttore che lega i tre mini film realizzati per l’occasione, girati con un linguaggio moderno ispirato alle sit-com.

Negli spot si parla dell’uso improprio del telefonino mentre si è al volante, della guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti, del mancato uso delle cinture e del seggiolino per bambini, che insieme alla velocità troppo elevata e al mancato rispetto della precedenza, rappresentano circa il 41% del totale delle cause di incidenti sulle strade.

Protagonisti dei tre mini-film sono per la prima volta i casellanti di Autostrade per l’Italia. Accanto a loro recita Viki Piria, l’unica pilota italiana che corre nella “W Series”, la “Formula 1” dedicata alle donne, e che da tempo è impegnata su Instagram per promuovere la filosofia della guida corretta e della massima attenzione al volante.

In uno dei video, ad esempio, compare il guidatore palesemente alticcio che, tornando a casa dopo una festa, viene pesantemente redarguito dal casellante e si rende conto di aver caricato in auto un perfetto sconosciuto.

Oppure c’è l’appassionato di selfie al volante che, prima di ritirare il biglietto, scopre durante un dialogo surreale con l’esattore che la sua passione instancabile per lo smartphone non solo è fortemente pericolosa mentre guida, ma addirittura provocherà un tremendo litigio con la sua fidanzata.

Infine la terza pillola video è dedicata alla storia di una famiglia abituata a viaggiare senza cinture e senza usare i seggiolini per i bimbi: sarà proprio il padre alla guida a farne le spese, una volta arrivato al casello.

I mini-film portano firma di Luz, giovane agenzia di produzione e content marketing specializzata nella realizzazione di contenuti per i nuovi media. Il regista è Ermanno Menini, l’autore è Cristian Micheletti.

Sergio Foffo

Sfruttamento della prostituzione: 8 arresti a Roma

prostituta lungo la stradaSono accusate di aver ridotto in schiavitù moltissime donne nigeriane, le 11 persone destinatarie di ordinanze cautelari emesse dal Giudice per le indagini preliminari di Roma.

In carcere sono finiti otto nigeriani; altri due sono da tempo fuori dall’Italia ed un altro ancora è ricercato.

Gli investigatori della Squadra mobile romana hanno ricostruito il percorso o meglio il calvario di queste donne dalla Nigeria all’Italia.

Il viaggio

La collaborazione di alcune vittime ha consentito in particolare di disegnare le fasi del reclutamento e della partenza dai villaggi di origine.

Le donne, spesso minorenni, venivano avvicinate da persone vicine al clan familiare e lusingate con promesse di facili guadagni in Europa.

Non veniva nascosta l’attività di prostituzione che sarebbe stata svolta al loro arrivo in Italia, ma ne venivano enfatizzati gli aspetti positivi: guadagni ingenti e poche o nulle le spese di viaggio e mantenimento.

Dopo aver accettato, le donne venivano sottoposte ad un rito religioso con uno stregone che suggellava il patto con le divinità.

Il culto JuJu in Nigeria è molto diffuso e i patti stipulati con i “sacerdoti” di questa religione sono molto temuti dalla popolazione: non rispettarli significherebbe per le ragazze attirare su di sé e sui propri congiunti malattie, sciagure e morte.

Non appena il rito veniva compiuto le ragazze venivano allontanate dalla propria famiglia; in buona sostanza venivano prese in consegna dall’organizzazione che le teneva rinchiuse in attesa della partenza.

Dalla Nigeria le donne, attraverso il Niger, arrivavano sino a ridosso delle coste libiche, dove venivano alloggiate all’interno di “connection house”, in attesa del passaggio via mare a bordo di barconi.

Ovviamente, già durante il viaggio, le donne capivano che i guadagni promessi non sarebbero mai stati realizzati: il viaggio in camion o in bus veniva anticipato dalle “madame” residenti in Europa. Costava da 30mila a 35mila euro, da ripagare in prestazioni sessuali, e anche il cibo e la permanenza nella “connection house” dovevano essere ripagati nello stesso modo.

Durante il tragitto le donne venivano violentate e malmenate, anche per iniziare quella sorta di assoggettamento che le avrebbe rese oggetti di proprietà dell’organizzazione.

Arrivate in Europa, le donne venivano affidate alle “madame” che continuavano l’assoggettamento psicologico e fisico: permanenza in casa con la “madame”, nessuna relazione sentimentale, pagamento dell’alloggio, del vitto e dell’affitto del marciapiede dove prostituirsi.

Non c’era nessuna possibilità di ribellarsi: il rapporto era talmente stretto che le malcapitate chiamavano le “madame” con il diminutivo di “mami”, mentre le ragazze a loro volta erano chiamate figlie.

Il passaggio di denaro

Difficile è stato ricostruire il passaggio di denaro tra questi moderni schiavisti.

I criminali infatti non utilizzavano sistemi bancari o di money transfer, ma utilizzavano il sistema Hawala; un sistema molto semplice che non prevede reali passaggi di denaro durante la transazione. Il soggetto, che chiameremo A, avendo la necessità di trasferire del denaro al soggetto B, si avvale di un intermediario, l’hawaladar broker, che riceve il denaro e che si rivolge ad un suo referente, un altro hawaladar broker, nella località di destinazione del denaro.

Il segreto sta in un codice, una parola cifrata, un simbolo, che il primo intermediario consegna al soggetto A; questo lo comunicherà al soggetto B, che, a sua volta, lo utilizzerà con il secondo intermediario; quest’ultimo riterrà il codice comunicato, come un codice di sblocco del denaro, che verrà quindi consegnato al soggetto B, fruitore finale della intermediazione.

Il denaro, fisicamente, invece, viaggerà in modo separato attraverso dei corrieri, nascosto in valigie o con altri sistemi.

Venezia: operazione antidroga “Bella zio”

dosi di cocainaUn gruppo ben organizzato, di nazionalità albanese ed italiana, specializzato nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, è stato individuato e arrestato dagli uomini della squadra mobile di Venezia.

Nel corso dell’operazione chiamata “Bella zia” sono state effettuate 9 perquisizioni personali e domiciliari a carico degli indagati, alcuni dei quali in stato di libertà, per gli stessi reati.

Cocaina e marijuana la droga principalmente spacciata su tutto il territorio veneziano e nelle regioni limitrofe dal gruppo criminale.

L’operazione fa parte di una più vasta indagine, che ha già consentito di arrestare 7 persone e di sequestrare grossi quantitativi di droga, 6 chili di cocaina e 14 di marijuana.

Le indagini sono state condotte con metodi tradizionali (perquisizioni, sequestri, pedinamenti, osservazioni, identificazioni) e con attività tecnica (intercettazioni telefoniche, gps, videoriprese) ed hanno ricostruito tutta l’attività di spaccio, che ha interessato il capoluogo veneto.

Dalle ricostruzioni poi effettuate dalla Squadra mobile di Venezia si è appreso che alcuni componenti del gruppo erano specializzati anche nell’organizzazione di importazione di cocaina dai Paesi Bassi e di marijuana dalla Spagna e dall’Albania, dove possedevano delle vaste piantagioni, poi sequestrate dalla polizia albanese.

All’operazione hanno preso parte circa 80 poliziotti, tra quelli della questura di Venezia e delle questure di Brescia, Padova, Treviso, Belluno e Rovigo, con il supporto di unità cinofile e del Reparto prevenzione crimine di Padova.

Sicurezza in Rete: il capo della Polizia alla presentazione di “Ombre sul web”

Il capo della Polizia Franco Gabrielli ha partecipato questa mattina, a Roma, nella sede della Federazione nazionale della stampa, alla presentazione di “Ombre sul web” un libro che raccoglie dieci racconti, ispirati a storie vere, che narrano dei pericoli in Rete o sui social.

Le storie avvincenti, adatte a giovani e famiglie, vanno dalla pedopornografia al revenge porn, dal furto di identità al cyberbullismo, dalla radicalizzazione islamica al gioco d’azzardo illegale, tutte tematiche che riguardano coloro che navigano in Rete.

E con queste storie di fantasia, ma ispirate a episodi realmente accaduti, si fa luce sui tanti tranelli che si nascondono dietro siti, chat, servizi di messaggistica e altri strumenti di comunicazione interpersonale e collettiva.

Il capo della Polizia nel suo intervento, rivolto principalmente agli studenti presenti in sala, ha affermato che “Nel mondo dei rischi ho imparato una parola fondamentale che è consapevolezza. Non ci può essere una modalità corretta di affrontare i rischi se non si ha consapevolezza”.

“Un’altra parola secondo me fondamentale dell’agire all’interno di uno spazio apparentemente illimitato – ha continuato il Prefetto – è responsabilità. Dobbiamo vivere lo spazio di libertà consapevoli di tutta una serie di rischi e un’altra serie di limiti”.

Proseguendo il capo della Polizia Franco Gabrielli ha detto “Ci sono ragazzi che si sono suicidati. Io credo che questo dovrebbe in qualche modo sempre interrogarci per quell’etica della responsabilità e l’etica delle conseguenze cui ognuno di noi è chiamato a rispondere. Ognuno di noi deve essere consapevole del fardello che avremmo quando le conseguenze delle nostre azioni sono pagate da altri”.

All’evento sono intervenuti il presidente e il segretario generale della Fnsi, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, Cristina Bonucchi, psicologa e direttore tecnico superiore della Polizia di Stato e gli autori del libro Paolo Butturini, Giuseppe Cesaro e Roberto Sgalla.

La pubblicazione che è stata lo spunto dell’incontro di oggi, è la prima di una serie di ‘Quaderni’ a cura dell’associazione ‘A mano disarmata’ che da anni organizza il ‘Forum dell’informazione contro le mafie’, con lo scopo di diffondere la cultura della legalità e difendere il ruolo dell’informazione come presidio democratico e civile.

I proventi della vendita del libro vengono destinati al Fondo assistenza per il personale della Polizia di Stato per il sostegno dei figli dei poliziotti, affetti da gravi patologie.