Catania: nuovi uffici per il Reparto prevenzione crimine

Dopo 30 anni dalla costituzione, nuovi locali per il Reparto prevenzione crimine “Sicilia Orientale”. Nuovi uffici, all’interno del Centro polifunzionale di San Giuseppe la Rena, a Catania, sono pronti ad accogliere i 50 agenti del Reparto.

Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il direttore centrale Anticrimine Vittorio Rizzi, il prefetto di Catania Claudio Sammartino e il questore di Catania Alberto Francini, che ha fatto gli onori di casa.

Tra gli ospiti anche gli alunni della scuola elementare “Livio Tempesta” di Catania che,  nell’occasione hanno potuto vedere da vicino i mezzi e le attrezzature in uso alla Polizia di Stato.

Il Reparto prevenzione crimine è un’articolazione della Polizia di Stato nata con l’obiettivo di disporre di una “task force di pronto intervento” che possa essere impiegata in modo veloce nei teatri operativi più impegnativi a livello nazionale, rafforzando i servizi di prevenzione e controllo del territorio organizzati a livello locale.

Il Reparto di Catania è normalmente di supporto, oltre che alla questura di Catania, anche a quelle di Enna, Messina, Ragusa, Siracusa.

Negli ultimi due anni i poliziotti del Reparto prevenzione crimine di Catania hanno arrestato 87 persone, indagato 121 persone, effettuato 265 perquisizioni personali e 162 perquisizioni domiciliari nonché sequestrato 12 chili circa di sostanze stupefacenti.

E ancora: 55mila le persone controllate su strada e 362mila i veicoli, 8.200 le contestazioni di violazioni alle norme del Codice della strada, 1.600 i veicoli sequestrati, 160 le patenti ritirate e 30 i veicoli rubati rinvenuti.

Non va dimenticato il ruolo fondamentale nel campo del soccorso pubblico in occasione dei recenti eventi sismici nelle zone pedemontane intorno all’Etna, dove i poliziotti hanno assicurato la presenza a fianco dei cittadini per garantire controllo e sicurezza.

Donatella Fioroni

Pordenone: presi gli specialisti del furto in abitazione

In tre mesi hanno messo a segno almeno 33 furti aggravati in ville e abitazioni del Nord Est, ma è in fase di accertamento la loro responsabilità in altri 70 reati analoghi commessi nello stesso periodo nelle province di Pordenone e Treviso.

Si tratta di tre cittadini albanesi che, al termine dell’indagine svolta dalla Squadra mobile di Pordenone, sono stati arrestati con l’accusa di essere i componenti del gruppo criminale che era diventato un vero e proprio incubo per gli abitanti della zona.

Gli arresti sono stati effettuati in collaborazione con le Squadre mobili di Milano e Treviso, del commissariato di Conegliano Veneto, delle Unità operative di primo intervento (Uopi) e del Reparto prevenzione crimine di Padova.

Nel corso delle perquisizioni, i poliziotti hanno trovato gioielli, denaro, una smerigliatrice da taglio utilizzata per aprire le casseforti, ed altro materiale di interesse investigativo.

I raid nelle abitazioni, che avvenivano di sera e di notte, avevano fruttato agli indagati gioielli, orologi, denaro e lingotti d’oro, per un valore di circa un milione di euro, ma anche armi e munizioni, che i criminali tenevano per utilizzarle, qualora fosse stato necessario, durante le intrusioni nelle abitazioni.

Per questo, oltre che dei furti, gli arrestati sono accusati anche di detenzione illegale di armi comuni da sparo.

Nel corso dell’indagine gli investigatori hanno anche individuato un flusso di beni di provenienza illecita, trasferiti verso l’Albania, dove venivano riciclati e reinvestiti.

L’attività investigativa è iniziata dopo un furto in abitazione messo a segno nel centro di Pordenone la sera del 27 dicembre scorso, quando i criminali portarono via un armadio blindato che custodiva gioielli in oro per un valore di 30mila euro, un revolver Smith and Wesson calibro 38, una pistola semiautomatica Browning calibro 33, e tre fucili.

L’esame dei tabulati telefonici della zona evidenziò la presenza di tre utenze telefoniche compatibili con gli orari della commissione del furto. Si trattava di utenze acquistate a ottobre in provincia di Milano e intestate a persone inesistenti; la loro presenza è stata registrata anche nei luoghi e orari di molti altri reati analoghi.

Questo ha permesso di individuare gli appartenenti al gruppo criminale e la loro base logistica, stabilita in due appartamenti di Conegliano Veneto e Treviso, dove, utilizzando delle smerigliatrici da taglio, venivano scardinati i forzieri sottratti durante i colpi.

Sergio Foffo

La Stradale vicina ai minori vittime di incidente. Ancora pochi giorni per aderire al “progetto Trauma Bear”

L’esperienza dell’incidente rappresenta per tutte le persone coinvolte, ed in particolare modo per i più piccoli, un evento improvviso che determina intensa paura, confusione e dolore.
La Polizia di Stato, ormai da tempo, ha portato l’attenzione degli operatori, in particolare, sugli aspetti umani e sugli impatti psicologici delle vittime di gravi incidenti stradali e ferroviari, individuando e mettendo a punto procedure di protezione e supporto, che riducano al minimo  le sofferenze.
Un’attenzione particolare va riservata ai bambini che, testimoni, vittime dirette o indirette di eventi di forte impatto traumatico (quali il ferimento o la perdita dei genitori) hanno innanzitutto bisogno di essere rassicurati, anche per evitare il rischio di eventi post-traumatici.
Un orsacchiotto di peluche, ha per i bambini un effetto tranquillizzante; un richiamo al mondo dei giochi, un oggetto familiare a cui aggrapparsi quando la situazione è difficile.
Nasce da qui la scelta di fornire alle pattuglie della polizia stradale un “c.d. Trauma Bear”, apparentemente estraneo ai compiti di repressione del rischio stradale, ma che è in grado di lenire, seppur parzialmente, il senso di smarrimento, incertezza e solitudine nei minori coinvolti direttamente o indirettamente in incidenti stradali.  
A tal proposito, è stato pubblicato sul sito www.poliziadistato.it un avviso pubblico per la ricerca di proposte di sponsorizzazione per l’acquisto di 2.000 orsacchiotti di peluche vestiti con un una pettorina, che richiami l’appartenenza alla Polizia di Stato, da dare in dotazione alle pattuglie della Polizia Stradale, che intervengano in incidenti stradali ove risultano coinvolti  anche  bambini.
Chi intendesse aderire alla richiesta, fornendo un contributo di sponsorizzazione al progetto e concorrendo alla realizzazione dell’iniziativa, è ancora in tempo per presentare la propria proposta. Basta seguire le modalità indicate nella pagina dell’avviso pubblico.

Perugia: fermata banda di ladri di trattori

Facevano mirati sopralluoghi notturni prima di colpire e fare il furto. Una banda composta da 5 uomini rumeni è stata fermata dalla Squadra mobile di Perugia. Il gruppo, che aveva colpito non solo in provincia di Perugia ma in gran parte del centro Italia, era specializzato in furti di escavatori, trattori ed altri mezzi d´opera.

Sono oltre 10 i furti, consumati o tentati. I poliziotti hanno ricostruito i vari raid dei ladri, recuperando nel corso dell´indagine, mezzi del valore complessivo superiore al milione di euro, che la banda intendeva trasportare e rivendere in Romania.
Di norma i criminali, nelle ore immediatamente precedenti ai colpi, rubavano un autoarticolato che poi utilizzavano per caricare e portar via la refurtiva.  
I poliziotti perugini hanno effettuato, nelle prime ore di questa mattina, un’irruzione a Roma, dove dimoravano tutti e cinque i malviventi, ed hanno eseguito nei confronti di quattro di loro, con la collaborazione dei colleghi della Squadra mobile romana, un decreto di fermo di indiziato di delitto, per furto pluriaggravato e continuato; il quinto rumeno, appena arrivato dalla Romania con un autoarticolato pronto a caricare i veicoli rubati, è stato invece denunciato.

Donatella Fioroni

Camorra: arrestati 50 Casalesi operativi in Veneto

Il clan dei Casalesi si è infiltrato in Veneto, rilevando il controllo del territorio dagli ultimi discendenti della “Mafia del Brenta”, con i quali era in contatto. Lo documenta l’operazione “At last” conclusa questa mattina con l’esecuzione di cinquanta ordinanze di custodia cautelare emesse dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Venezia.

I provvedimenti sono stati eseguiti dalla Squadra mobile del capoluogo veneto, in collaborazione con il Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di finanza di Trieste.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso e vari reati gravi, mentre ad altre undici persone è stato notificato l’obbligo di dimora. È stato inoltre disposto il sequestro preventivo di beni e valori per 10 milioni di euro.

All’esecuzione dei provvedimenti hanno partecipato oltre 300 agenti, tra i quali personale del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e del Servizio centrale investigazione e criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza.

Partita da Venezia, l’indagine si è estesa a tutto il territorio nazionale, fino ad arrivare a Casal di Principe, in provincia di Caserta, e in altre località della Campania e della Puglia.

L’organizzazione mafiosa, partita dal piccolo centro di Eraclea (Venezia), aveva esteso la sua influenza criminale nell’est del Veneto, avvalendosi della sua forza intimidatrice per commettere molteplici gravi delitti come usura, estorsione, rapina, ricettazione, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, sottrazione fraudolenta di valori, contraffazione di valuta, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, danneggiamenti, incendi, truffe aggravate ai danni dello Stato, bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false.

Le strategie criminali erano finalizzate, tra  l’altro, ad acquisire, se necessario con minacce e violenza, la gestione o il controllo di attività economiche, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione, ma anche ad imporre un vantaggio ai gruppi criminali limitrofi, dediti al narcotraffico o allo sfruttamento della prostituzione.

Una quota dei profitti derivanti dalle attività illecite era destinata a sostenere i carcerati di alcune storiche famiglie mafiose di Casal di Principe, appartenenti al clan dei Casalesi, a cui l’organizzazione mafiosa di Eraclea era collegata e del quale costituiva il gruppo criminale referente per il Veneto orientale.

Per affermare l’assoluta egemonia sul  territorio, gli appartenenti all’organizzazione mafiosa hanno fatto largo uso e commercio di armi, anche da guerra, utilizzate per compiere attentati  intimidatori.

Attivo inizialmente nel settore dell’edilizia, dedicandosi particolarmente all’attività usuraria e all’esecuzione di estorsioni, il gruppo criminale si era poi specializzato nel settore della riscossione crediti per conto di imprenditori locali.

Tra le fonti di finanziamento dell’organizzazione, c’era anche la produzione di fatture, per molti  milioni di euro, relative ad operazioni inesistenti, grazie a una fitta rete di aziende, intestate anche a prestanome, poi oggetto di bancarotta fraudolenta.

Oltre alle frodi all’erario per reati tributari, spiccano quelle compiute verso l’Inps attraverso le false assunzioni in imprese di cinquanta persone, vicine al gruppo criminale, allo scopo di lucrare indebitamente l’indennità di disoccupazione, per una ammontare di circa 700mila euro.